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Eolo
stelle lontane
CARO LUCA ...
UN NUOVO INTRVENTO DI GUIDO CASTIGLIA SUL DIBATTITO INNESCATO DALL'INTERVENTO DI SILVANO ANTONELLI

Caro Luca,
ho letto con interesse la tua lettera a Silvano e lo sviluppo di Fabrizio. Non è compito mio, in questo contesto, dare torto a taluni e ragione ad altri, credo che ognuno abbia la maturità e la competenza per portare avanti con convinzione le proprie idee e sia in grado di realizzare il proprio operato con lo stile che preferisce, ma penso anche di non potermi esimere, per il lavoro che cerco di portare avanti, dal contraddittorio che si è creato in Eolo.
Per questo motivo mi rivolgo a te, perché ho trovato nella tua lettera alcune affermazioni sulle quali vorrei esprimere la mia opinione, non per presenzialismo, né per il puro gusto di affermare la mia posizione, ma perché penso possa essere utile ad un confronto costruttivo. Tu affermi che il Teatro Ragazzi non può essere avulso dalla Cultura in generale; è giusto.
Il teatro per l’infanzia e l’adolescenza è parte integrante, seppur infinitesimale, del mondo della Cultura. Il sospetto, come tu dici, che possa essere un alibi per “fare cose di scarsa qualità” è però, a parer mio, un falso sospetto, nel senso che in ogni campo della cultura e non solo, nell’arte figurativa come nella musica, nella letteratura come nel “teatro per adulti” esistono ottime e scarse professionalità, buoni talenti e magnifici impostori. Noi che operiamo nel teatro per ragazzi da oltre trent’anni, dobbiamo guardare solamente ciò che riteniamo onesto e qualitativamente accettabile.
Per questo motivo ci ritroviamo “qui” a disquisire sul fare teatro per ragazzi, perché, come giustamente ha scritto Fabrizio, è forse giunto il tempo di rifondare, o per lo meno rilanciare un settore e, devo ammettere, i “dubbi del cuore” enunciati da Silvano li ho trovati più che fondati. In merito al concetto che l’arte debba essere fruibile da tutti in quanto Arte, non può che trovare consenso da parte di tutti, ma qui devo fare un appunto: non è vero che il prodotto artistico è fruibile da chiunque. Sappiamo tutti che il prodotto artistico esprime pensieri, denunce, sogni, desideri ecc. ma il modo di esprimerli cambia a seconda di chi e a chi si rivolge. Un bambino di fronte alla Pietà Rondanini di Michelangelo non la troverà bella, anzi, gli sembrerà non finita e probabilmente brutta, ma l’adulto sa che il non finito michelangiolesco è il concetto che l’opera (platonica) è già contenuta nella materia e che quindi non necessita d’essere liberata.
Una bambina di fronte ad un’opera concettuale di Mario Mertz o una tela di Marco Gastini non potrà neppure intuirne il senso artistico. Ancora, se chiedessimo ad un bambino di leggere un sonetto di Dante non sarebbe certamente in grado di coglierne il senso. Insomma, voglio dire che un prodotto artistico (qualunque esso sia) non si rivolge a tutti, ma a chi sa coglierlo e comprenderlo nella sua essenza, anche solamente emotiva.
A maggior ragione chi opera nel Teatro per Ragazzi, che di per se si rivolge ad un pubblico vasto e suddiviso in ulteriori fasce di diverse capacità ricettive, è bene che conosca il pubblico al quale si rivolge. Chi scrive teatro per ragazzi dovrebbe frequentare il “proprio pubblico”, per cogliere negli sguardi e nei comportamenti le tensioni, gli immaginari, le dinamiche e i desideri da rielaborare e restituire.
Tu, caro Luca, citi la libertà dell’artista e io non posso che darti ragione. Anch’io sostengo, fin dai tempi dell’Accademia, che l’arte non debba avere lacci nella sua potenzialità espressiva, che debba essere libera; ma a quale concetto di libertà facciamo riferimento? Alla libertà assoluta? Quella libertà positiva liberista descritta dal filosofo Jsaiah Berlin (libertà di… e libertà da …), portatrice d’enormi rischi sociali? Di disattenzione alle sensibilità altrui? Oppure, citando Norberto Bobbio, il nostro concetto di libertà è legata ad un pensiero e ad un atteggiamento di vita: un’interpretazione dell’uomo e della storia che mette in primo piano il rispetto dell’individuo e difende il principio della responsabilità individuale … ? Io credo in questo secondo pensiero, ovvero che ognuno di noi, attori e attrici, registi e registe, scrittori e scrittrici, drammaturghi e drammaturghe, operatori dell’arte teatrale che si rivolgono ai ragazzi debbano, in quell’ora di ritualità teatrale, assumersi la responsabilità di ciò che portano in scena.

Si possono allestire spettacoli che parlano di tutto, anche di sessualità, come tu suggerisci nella lettera a Silvano; si può parlare di ogni argomento, ma sempre, e dico sempre, è necessario avere quel terzo occhio che apre alla “prospettiva del ranocchio” (prendendo in prestito l’efficace titolo del libro di F.Altan e E. Forni), ovvero di quello sguardo infantile, e direi anche adolescenziale, del mondo e della vita che li circonda. Io credo che sia possibile unire, ad una specifica visione e interpretazione dei desideri, delle problematiche, dei sogni, delle fantasie, delle paure dell’infanzia e dell’adolescenza, una poetica adulta peculiare, quella di chi fa teatro, di chi lo pensa e lo produce.
Io vedo la drammaturgia per ragazzi come una fusione di sguardi e di poetiche e in quella fusione vedo la libertà dell’artista di restituire al suo pubblico una visione originale.
Uno spettacolo rivolto agli adolescenti non potrà mai essere recepito, nel suo immaginario e nel suo linguaggio, dai bambini della scuola primaria, e viceversa. In questo senso, la suddivisione in fasce d’età nel teatro per ragazzi significa avere un’attenzione specifica (rara nel mondo dell’arte) ai differenti linguaggi e alle differenti capacità ricettive, non per ghettizzare, ma per rendere più libero e fruibile un pensiero, una poetica, una filosofia del mondo.
Per concludere posso aggiungere che azioni, seppur teatrali, che accennano alla volgarità, se non più che giustificate dal linguaggio e dal contesto drammaturgico, a mio parere sono semplicemente di pessimo gusto. Io credo e sostengo, spero insieme a te e agli amici Silvano e Fabrizio, che sia necessario riappropriarsi del senso del fare teatro per le infanzie e le adolescenze, riscrivendo i criteri di un settore che abbiamo amato e contribuito a far nascere, anche attraverso onesti e sinceri scambi di opinione come questi e, chissà, come altre possibili occasioni da inventare.

Guido Castiglia




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